|
|
Cos'è la "provincia"? Parlare della “provincia”, significa andare a scoprire un nervo importantissimo della recente storiografia delle arti, perché oggi è più che mai urgente ridefinire sia storicamente sia culturalmente i rapporti tra “centri” e “periferie”. Da sempre comunque la storia dell’arte, non è soltanto la storia dei “centri” ufficiali, ma implica necessariamente la definizione dei rapporti con le periferie e la rivalutazione dell’esperienza specifica delle “aree marginali” (5). Per la storia dell’arte contemporanea il tema è ancora più intrigante, perché nel mutato contesto della società della cultura e della comunicazione di massa, le motivazioni “geografiche” non hanno senso: si tratta dunque di capire che senso assume questa terminologia nella società della comunicazione.Nell’accezione comune, la parola “provincia” implica l’idea di marginalità rispetto ad un luogo centrale oppure una distanza geografica e culturale da esso, vissuta in un atteggiamento subalterno; “provincia” sottintende “chiusura”, “particolarismi”, “preconcetti”, campanilismi, erudizionismo, finanche ripiegamento su se stessi (6). Sicuramente questa è stata in molti casi e in certi momenti storico – culturali la condizione della “provincia”; sicuramente è ancora molto facile cadere negli atteggiamenti negativi del “provincialismo”(7), ma va anche detto che è sempre esistita una presunzione del centro che spesso ha impedito di capire il senso effettivo delle esperienze nella “provincia”. Capita poi che si va a rileggere la storia, moltissime esperienze d’arte tra quelle che hanno caratterizzato l’esperienza culturale di un “centro”, sono nate in luoghi di provincia, quasi per una necessità degli artisti di tirarsi fuori da un tipo di centralità non desiderata.Dalla metà degli anni ‘60 e ancor di più oggi, la società della “comunicazione di massa” ha fatto saltare tutti i criteri precedenti su cui era definita la “distanza” culturale tra luoghi: se oggi le informazioni viaggiano ovunque in tempo reale e persino lo spostamento fisico è sempre più semplice e naturale, la possibilità di contatti di prima mano con le esperienze culturali più aggiornate è sempre più facile, accessibile e possibile. Ciò significa che la “distanza” tra luoghi e tra esperienze culturali non va più valutata su criteri spaziotemporali ma piuttosto su quelli della “comunicazione”. Nel contesto contemporaneo, le terminologie restano ma cambiano di senso e si applicano al di là (e diversamente), dell’idea di “distanza”: ad esempio, il “provincialismo” è tutt’altro che sparito, perché è un atteggiamento negativo proprio in relazione alla comunicazione: “Chiusura – ristrettezza mentale – conformismo” (8)sono determinate da un rifiuto del confronto libero, aperto e critico con le informazioni e dal rifiuto preconcetto delle relazioni paritetiche. Il “provincialismo” nella sua accezione negativa, può essere proprio a tutti quei luoghi culturali, istituzionali, di formazione ecc., che rifiutano di confrontarsi con principi differenti dai propri.La direttrice della “comunicazione” però, si muove prevalentemente dai “centri” dell’informazione verso la “periferia” degli informati, in altre parole il principale detentore del “messaggio” da comunicare, è un “enunciatore” e per tanto, considera il proprio messaggio “da doversi ascoltare”; i destinatari della comunicazione sono considerati “enunciatari” cioè destinati all’accoglimento del messaggio. Questa condizione è tipica della comunicazione contemporanea, soprattutto nel settore pubblicitario (9) e si fonda proprio su atteggiamenti che abbiamo detto propri del “provincialismo”: non voler considerare l’esperienza dei destinatari nella propria autonomia, non potersi mai considerare “enunciatari” pena la perdita dei propri destinatari. Anche da parte dei destinatari, il “provincialismo” emerge in due aspetti: nel non relazionarsi criticamente alle informazioni provenienti dall’enunciatore e nell’opporre ostinatamente “al centro”, una propria supposta o reale “identità” localistica. Questo secondo atteggiamento è esaltato quasi come forma di difesa dalla nullificazione culturale che la strabordante comunicazione opera sulle identità dei luoghi “marginali”, mentre spesso è solo una paura di scoprirsi davvero distanti dal proprio tempo. Direi che la “provincia” è molto spesso una creazione del “centro” che si autoelegge come tale, perché incapace di comprendere un’esperienza differente dalla sua. Altre volte, la “provincia” è una forma d’autodifesa dall’invadenza culturale di un “centro” quando esso inizia ad elaborare esperienze assolutamente autoreferenziali.La cultura di massa e i fenomeni della globalizzazione rendono urgenti ed evidenti queste situazioni nuove, ma probabilmente, se rileggessimo le esperienze del passato nella prospettiva della “comunicazione”, ci troveremmo a fare considerazioni abbastanza simili, anche se in contesti decisamente differenti. Insomma, ritengo che “provincia”, “provincialismo”, “centro”, siano ormai luoghi “antropologico culturali” o addirittura esistenziali, piuttosto che geografici o storici, che essi sono relativi alla struttura e alla forma della comunicazione nonché alla gestione e alla relazione con la comunicazione stessa. Ciò significa che non sono elementi da dislocare in uno spazio, cioè che non esistano in definitiva regioni che siano “provincie” o “centri” culturali, ma che essi siano piuttosto luoghi mentali, atteggiamenti esistenziali e per questo riscontrabili ovunque e propri di ciascuno. Riguardo il negativo della “provincia” (considerata si come luogo fisico che come atteggiamento mentale) ne sappiamo davvero molto e abbiamo mille occasioni per costatarlo: l’appartenenza acritica e immobile ad un contesto socio – culturale può diventare un’autentica gabbia, qualora nella comodità consolidata di certi sistemi relazionali propri di quel contesto, ci si rifiuti aprioristicamente di mettersi a confronto con i propri limiti e con le idee degli altri, al puro scopo di gratificarsi della propria supposta unicità, chiudendosi mentalmente nella paura del confronto e del dialogo. L’isolamento in questo atteggiamento può essere anche causato dal fatto che nella dimensione locale si fatica spesso ad avere una visione cosciente e culturalmente valida della propria esperienza, abituati ad essere “mentalmente marginali” rispetto ai fenomeni macroscopici, che sono elaborati e organizzati in forma di comunicazione dai grandi centri. Il “provincialismo” ha sempre compiuto due tipi d’errori mentali: 1) escludersi dalla relazione pensando che la propria identità emerga per idealistiche virtù intrinseche del “genius loci”, in opposizione agli stimoli continui che provengono dai “centri”. 2) Abbracciare entusiasticamente e acriticamente gli stimoli culturali dei “centri” pensando che l’adesione al modello maggioritario ci qualifichi automaticamente come degni d’interesse da parte del “centro” stesso. Questi atteggiamenti mentalmente miopi caratterizzano negativamente ancora oggi le politiche culturali locali e portano ad una certa chiusura verso ciò che di meglio può fornire il dibattito contemporaneo sulle arti: la singola esperienza dell’artista rischia di rinchiudersi in una rigidità antistorica e pregiudiziale che impedisce un dibattito sereno e rispettoso della diversità delle esperienze e impedisce lo spirito stesso del confronto e dell’interscambio, presupposti essenziali per ogni “ricerca”. Allo stesso modo, l’artista può trasformarsi in un ripetitore di modelli, attraverso i quali cerca solo una visibilità. Allora credo che l’unica vera “centralità” sia da individuarsi nell’apertura al dialogo e nella comprensione critica dei fenomeni e questa categoria certamente non è propria di un luogo, sia pur economicamente e comunicativamente dominante. (5) E. CRISPOLTI, Come studiare l’arte contemporanea, Donzelli, Roma, 1997, pp. 46 – 49 “… la periferia (che è spesso dunque anche il sommerso, e il luogo genetico di mozioni d’avanguardia).” P.46 (6) Ad voc. “Provincia” Dizionario DISC, Sabatini – Coletti, Giunti, Firenze, 1997 (7)“ … arretratezza culturale, quale si ritiene propria della provincia; chiusura, ristrettezza mentale, conformismo (…. )” - Ad voc. “provincialismo” Dizionario DISC, Sabatini – Coletti, Giunti, Firenze, 1997. (8)Ibidem
(9) |